A partire dallo studio del comportamento dell’olio ai cambiamenti termici, ciò che serve sapere per capire cosa sia e a cosa serva la “calorimetria differenziale”: si tratta di un’importante tecnica utile per verificare le differenze di comportamento tra i vari oli. Lo scopo? Identificare eventuali azioni fraudolente
E’ passato molto tempo, forse circa 25 anni, da quando per la prima volta mi sono avvicinata alla calorimetria differenziale; stavo studiando in laboratorio i grassi che potevano comporre una buona pasta spalmabile tipo Nutella. Era il tempo dell’innovazione in Carapelli e nascevano nuove idee ogni giorno che in parte o del tutto venivano portate avanti con grande soddisfazione e creatività.
I grassi solidi come l’olio di palma, di cocco o di burro di cacao, oltre ad essere analizzati con le tecniche analitiche classiche, venivano normalmente sottoposti allo studio del comportamento al melting e freezing per ottenere la curva di DSC (Differential Scanning Calorimetry).
Secondo questa tecnica, l’olio, costituito da trigliceridi, composti da acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi, viene portato ad alta temperatura (50°C) e successivamente a bassa temperatura (-40°C) osservando la transizione liquido-solido e solido-liquido.
Negli anni 2000, studiando con particolare attenzione gli oli vergini di oliva, mi è venuto in mente di usare questa tecnica per verificare le differenze di comportamento tra i vari oli vegetali, naturalmente con l’idea di identificare anche eventuali commistioni fraudolente.
Il comportamento dell’olio ai cambiamenti termici mi ha tra l’altro sempre incuriosito, anche perché spesso i consumatori si chiedono come mai un tipo d’olio geli facilmente, mentre un altro rimane limpido ad una temperatura diciamo di cantina, conferendo a questi diversi tipi di comportamento il segnale della tanto attesa genuinità. Ho sempre spiegato che è normale che un olio geli, formando cristalli che poi si sciolgono riportando la temperatura sui venti gradi, pur riconoscendo una certa variabilità nei comportamenti, sicuramente legata alla composizione trigliceridica e alla presenza di cere nel caso di oli non filtrati.
Ebbene, per tutta questa serie di motivi, lo studio degli oli di semi e di oliva con la tecnica DSC appariva molto promettente e nel 2004 la società Carapelli ha avviato una collaborazione con il Cnr di Pisa (dott. Salvetti, dott. Angiuli e dott. Tombari), sottoponendo ad analisi oli extra vergini di varia provenienza, oli raffinati e deodorati e oli di semi particolari come il girasole alto oleico.
In verità l’idea di individuare una sorta di finger print o carta d’identità di ogni olio era eccitante e la facilità della tecnica e la quantità minima di olio necessari per eseguire l’analisi costituiva un vantaggio immediato.
Riporto di seguito a titolo esplicativo nella Fig.1 la curva di freezing e melting: il campione è scaldato fino a 50°C tenuto per 3 minuti a questa temperatura e poi raffreddato a 10°C al minuto fino a -40°C, tenuto a questa temperatura per 6 minuti e poi scaldato di nuovo a 50°C.
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FIG. 5
FIG. 6
FIG. 7
FIG. 8
Non si notano cambiamenti nella fase di riscaldamento a diverse condizioni di conservazione (al buio e alla luce), che mettono in evidenza i diversi profili dei picchi ad alta e bassa temperatura.
Nella Fig.6 evidenzio una differente analisi effettuata su vari mix tra oli extra vergini e raffinati, dove il picco P1 è alto negli oli raffinati ed il picco P3 è alto negli oli extra vergini di oliva.
Infine nella Fig.7 metto in risalto le differenze tra mix di oli di semi ed oli extra vergini di oliva e nella Fig.8 tra un olio extra vergine di oliva ed un’ olio deodorato.
Questi esempi mostrano i comportamenti nella curva di melting tra oli di varia natura, l’effetto delle condizioni di conservazione ed infine l’effetto della miscelazione tra oli di oliva e oli di semi.
E’ evidente che ogni olio ha il suo profilo peculiare, anche se le differenze a volte non sono così macroscopiche. L’utilizzo della tecnica della DSC sembra interessante soprattutto per stabilire la identità di due campioni. Tale test per una azienda costituisce una prova veloce di corrispondenza per esempio tra campione informativo e campione di arrivo di un olio extra vergine di oliva.
Naturalmente la speranza di trovare un metodo attendibile che possa aiutarci a risolvere i problemi dell’origine e della genuinità è forte, ma come per altri metodi analitici, serve una statistica ampia di dati rappresentativi per poter poi dare rilevanza scientifica a questo target.
Per ora si può dire, a mio parere, che si tratta di un metodo relativamente nuovo nell’applicazione agli oli vegetali (semi ed oliva) e promettente, nel futuro dunque potrebbe dare indicazioni interessanti; non dobbiamo però commettere l’errore di pensare che possa costituire la panacea di tutti i nostri problemi.
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